Religioni della Mesopotamia

Statua di Gudea (2150-2125 a.C.), governatore (ensi, in accadico iššakum[1]) della II dinastia di Lagaš, conservata presso il Metropolitan Museum di New York. La muscolatura in evidenza ne caratterizza le virtù morali, mentre la postura delle mani giunte ne rammenta l'aspetto religioso e pio. La veste riporta un'iscrizione dedicata a Ningišzida (sumerico: dnin-g̃iš-zid-da), Dio personale dell'ensi; mentre la tiara disegna dei riccioli che potrebbero indicare un copricapo di pelliccia. La statua è in diorite proveniente da Magan (Oman), utilizzata per la durezza e il prestigio di pietra di lontana provenienza. Il regno di Gudea si caratterizza per delle campagne militari contro gli Elamiti, tuttavia il sovrano tende a rappresentarsi come un buon amministratore e, soprattutto, come costruttore di templi, in particolar modo quello del dio Ningirsu, celebrato in alcuni scritti in cuneiforme riportati su cilindri in terracotta detti di Gudea.
Cilindro di Gudea (Museo del Louvre, Parigi)
«Gudea vide, in quel giorno, in sogno
il suo Re, (cioè) il signore Ningirsu, (il quale)
gli comandò di costruirgli la casa:
gli fece contemplare
l'Eninnu dai destini grandiosi.»
La Mesopotamia.

Le religioni della Mesopotamia sono quell'insieme di differenti credenze, miti, rituali, culti misterici, teologie e pratiche divinatorie professate nell'antica Mesopotamia ovvero nella regione del mondo che corrisponde approssimativamente all'attuale Iraq, dal IV al I millennio a.C.[2]

Le origini di tali religioni vanno individuate nella preistoria delle prime genti abitanti quella regione, nelle credenze e nelle tradizioni di differenti popoli che, a partire dal XXX secolo a.C., lì migrarono, nelle civiltà sumerica e accadica e in quelle civiltà emerse successivamente, quali, ad esempio, quella babilonese e quella assira.

Le religioni della Mesopotamia, ma solo intese come culto principale di una realtà statale, cessarono di essere nel 539 a.C. quando la città di Babilonia accolse, sottomettendosi, il re persiano achemenide di probabile fede zoroastriana Ciro II[3]. I Persiani non perseguitarono, né discriminarono tali religioni che continuarono quindi a essere professate dalle popolazioni locali dando luogo anche a differenti sincretismi[4][5].

  1. ^ Lett. "governatore", che non raggiunge tuttavia il titolo di lugal (re). L'ensi indica un'autorità civile che coordina i lavori agricoli acquisendo successivamente un ruolo religioso (cfr. Giorgio R. Castellino. TSA 218).
  2. ^

    «Mesopotamian religion includes certain beliefs and practices of the Sumerians, Akkadians, Assyrians, Babylonians and other peoples who lived at various times in different parts of ancient Mesopotamia, the region corresponding roughly to modern Iraq, from the fourth through the first millennia BCE.»

  3. ^ Geo Widengren (cfr. Die Religionen Irans, Stuttgart, 1965, pagg. 142-5) non ritiene che Ciro il Grande fosse uno zoroastriano; diversamente Mary Boyce (Cfr. The Religion of Cyrus the Great in A. Kuhrt and H. Sancisi-Weerdenburg, Achaemenid History III. Method and Theory, Leiden, 1988, pag 30) ritiene con sicurezza che fosse un adoratore di Ahura Mazdā.
  4. ^ Gherardo Gnoli, Babylonia in Encyclopaedia Iranica.
  5. ^ Da tener presente, tuttavia, che se da una parte Ciro II si proclamerà nel 539 a.C. inviato di Marduk alla 'liberazione' di Babilonia dal precedente empio sovrano, Nabonedo; Serse, mezzo secolo dopo, a seguito di una rivolta, darà alle fiamme il tempio del dio, portando via la sua sacra statua come preda di guerra (Cfr. Giovanni Pettinato. Babilonia. Milano, Rusconi, 1994, p. 246).

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